Dal sole dell’attico di Posillipo di Napoli vista mare al “due vani” piano terra a Catania … però ho l’amore più grande del mondo!
Questa è la mia meravigliosa “favola d’amore” che grazie al buon Dio vivo con Francesca e che dedico, con un mondo di auguri di ogni bene, a tutte le coppie dell’universo.
Non sono giovane, né ricco, né potente, né molto istruito, sono solo un vecchio scugnizzo nato settantaquattro anni fa in un vicolo di Napoli, e sono felice! E lo sono dal 23 maggio del 1981, una data magica per me, è stato il giorno in cui ho incontrato la donna che mi ha regalato il Paradiso in terra, che ha cancellato dal mio cuore ogni tristezza e dai miei occhi ogni lacrima: Francesca. E questa felicità la coltiviamo e la onoriamo momento per momento applicando una regola semplicissima: “non diamo mai nulla per scontato perché l’amore è una continua conquista!”
Ci siamo conosciuti il 23 maggio 1981, avevamo entrambi alle spalle un matrimonio fallito. Io abitavo a Napoli, in un attico di Posillipo con panorama sull’intero golfo, lei a Catania. Per nove anni abbiamo fatto “i pendolari dell’amore”. Poi, d’accordo con i miei due figli e i tre di Francesca, nel 1990 mi sono trasferito a Catania e il 28 luglio dello stesso anno ci siamo sposati. Abbiamo cominciato a vivere tutti assieme, pensavamo “appassionatamente”. Ma gli spazi limitati e i ragazzi che crescevano non permettevano a tutti noi di poterci muovere secondo le necessità di ciascuno. Poiché riteniamo che il nostro amore sia stato un vero miracolo e il dono più grande che il Signore potesse farci, abbiamo cercato una qualche soluzione per salvare “capra e cavoli”! Siamo quindi arrivati alla conclusione che avremmo dovuto trovare un “buco” che desse a me la possibilità di “pensare alla poesia” (è il mio grande amore, assieme a quello per Francesca) e agli altri di non sacrificare i loro spazi e le loro esigenze a causa di questo “napoletano a Catania”. Ed ecco un altro dono del Signore: trovo una casetta a trecento metri dalla “casa grande” di Francesca. Quando l’ho vista era un tugurio, umida e con poco sole, ma io l’ho guardata con gli occhi del “dopo” e ne ho fatto con poco e con piccoli accorgimenti il più bel nido d’amore per me e Francesca. E’ una casa di due stanze in un cortile del centro storico di Catania. L’umidità è tenuta a bada da un rivestimento di mattoncini di gesso, di sole… ce n’è molto nel colore giallo delle pareti, nel bianco dei mobili e nella luce delle lampade a led. La quotidianità la viviamo così: a pranzo Francesca si divide tra la “casa grande” ed il lavoro (gestisce con le due figlie una boutique al centro di Catania), io sto nel “nido” con i miei libri, la mia Napoli e la poesia. Spesso la raggiungo in negozio, e questo mi serve anche a condividere altri momenti della nostra quotidianità e ad apprezzare il suo modo sempre positivo di affrontare la vita e le difficoltà. La sera ceniamo e dormiamo sempre assieme, a “casa grande” o nel “nido”, e grazie al buon Dio e a questa geniale “penzata” (scritta in napoletano), il nostro amore non conosce né ruggine né muffa, tutt’altro! E sono già trascorsi circa trentaquattro anni, io ne ho 74, Francesca 71. Ecco i primi tre versi che ho dedicato a Francesca - e che scrissi su un tovagliolo di carta la sera del 28 giugno del 1981 (eravamo a cena in un ristorantino di Capo Mulini, borgo marinaro vicino Catania) -
“ CENETTA A CAPOMULINI”
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‘A luna chiena dint’’o cielo blu,
a mare, int’’o silenzio, na lampara,
e tu, goccia d’estate, int’a sti braccia”.
Sono trascorsi trentaquattro anni, Francesca è sempre la mia “goccia d’estate!”
Poi, qualche tempo dopo, ho scritto
L’ALBERO TUIO
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Cammina
sott’’o sole d’austo,
e curre
ncopp’’arena cucente,
e quanno
nemmeno ‘o mare te darrà frischezza,
e quanno
stanca te sentarraie
e guliosa ‘e cujete,
viene e reposete
sott’a chest’ombra,
io so’ l’albero tuio.
E ancora:
NNANZ''O FFUOCO
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Nnanz''o ffuoco. Mo, parlanno,
mo mute,
mo mano int''a mano,
mo luntano
ma sempe
scarfate a' stu ffuoco ch'appena
tu vide s'allenta
gravone nuovo subbeto ce miette,
e io so' cuntento.
Nnanz''o ffuoco. Mo, redenno
e mo serie,
mo carezze, mo niente
ma sempe
scarfate 'a stu ffuoco ch'appena
io veco s'allenta
gravone nuovo subbeto ce metto,
e tu si' cuntenta.
Per “San Valentino” 2015 ho scritto una “lettera d’amore” a mia moglie, la più bella e dolce “carusa” 71enne siciliana di Catania.
Cara Francesca,
mettiamo avessi casa vista mare con il Vesuvio, Capri, Ischia e il sole che il giorno intero tutta l’avvolgesse della sua luce ma… non avessi te. Che ne farei di questo panorama mozzafiato che non saprebbe darmi solo un attimo
dell’emozione che mi regala il tuo volermi bene?
Mettiamo che il ricamo della luna nelle sue notti magiche di piena mi regalasse trine argento e oro ma… non avessi te, cosa me ne farei di un tale dono che pur così prezioso è destinato a perdere comunque ogni valore se confrontato a tutto ciò che sento quando accarezzo i tuoi capelli bianchi?
Mettiamo che dal mare mi arrivasse l’intenso e inconfondibile profumo che riempie il petto di un fatato aroma ma… non avessi te, cosa me ne farei di questo balsamo che perde ogni suo pregio se penso a quanto m’inebria di passione e desiderio quella carnalità che la tua pelle mi regala, ancora?
Ecco, io questa lettera ti ho scritto per dirti che la mia piccola casa con qualche traccia d’umido, e poco sole, e senza vista mare, priva sia dell’argento della luna sia del profumo del mare che non vede, come tu entri, in quel preciso istante, s’illumina d’amore, e al suo confronto nessuna casa al mondo ha eguale luce!
Il tuo Raffaele
(Settimanale DIPIU’, 16 febbraio 2015)