Quattro "lettere" a Francesca

“San Valentino 2015 - 2016 - 2017 - 2019”

Quattro  "lettere"  a  Francesca

 
Questa è la nostra "piccola/grande storia". Questa è la meravigliosa “favola d’amore” che grazie al buon Dio viviamo e che dedichiamo, con un mondo di auguri di ogni bene, anche a tutte le coppie dell’universo.
 
"San Valentino 2019"
Quando l'amore anziano si fa sacro
 
Più passa il tempo, più il corpo traballa come un fuscello in balia del vento, più ho bisogno d’un passamano a cui appoggiarmi, una panca per riposarmi e un bastone per aiutarmi a camminare… più l’Amore diventa sacro e forte e ancora mi fa sognare e mi sprona a fare progetti. Più l’amore diventa maturo più dà consapevolezza e tenacia per affrontare e superare le tante situazioni che mai avrei pensato di dover affrontare. Mi riferisco particolarmente alle ingiustizie piccole e grandi proprio nei confronti degli anziani e di cui la società spesso non si fa carico o dei pregiudizi e del sentire comune che guarda ai vecchi come a persone senz’anima né passioni.
 
Io amo guardare la gente che mi circonda cercando di cogliere nei gesti più comuni, nei momenti più banali, una scintilla di vita, di amore, di gioia interiore… Mi capita, purtroppo spesso, di vedere visi corrucciati, sguardi spenti, atteggiamenti annoiati o, peggio, insofferenti. Guardo le coppie di una certa età e soffro nel vedere spenta quella luce che forse tanti anni prima illuminava le loro vite!
Le avversità della vita riescono spesso ad avere la meglio sui sentimenti e gli affetti e la routine spesso deposita un velo di noia e di indifferenza nel rapporto di coppia spegnendo gli entusiasmi.
 
Per questo io dico che l’amore delle persone di una certa età è sacro: proprio perché è raro. Per questo io non smetto di ringraziare Dio per avermi dato il privilegio di poter conoscere e coltivare un sentimento così profondo, pulito, nobile! Sono vecchio ma ancora mi ritrovo ad emozionarmi se mentre sto guidando Francesca poggia la sua mano sulla mia gamba come faceva quarant’anni fa; se al cinema il bracciolo che ci divide si fonde con le nostre braccia incrociate; se ci scambiamo il bacio della buonanotte o del buon appetito dopo aver fatto il segno della croce ed una preghierina di ringraziamento tenendoci per mano. Non c’è momento della mia vita che non mi vede grato al Signore per essere stato così buono con me facendomi incontrare Francesca e non c’è momento che non sia di gratitudine per lei che ogni mattina mi fa svegliare e sorridere alla vita e non c’è acciacco che tenga o preoccupazione che possa sfiancarmi sapendo che lei è vicino a me, che mi sostiene e a cui io do sostegno per affrontare la giornata attingendo a quella sacra e inesauribile sorgente che è l’Amore, quell’amore che mi fa dire a Francesca:
 
ti amo per tutto ciò che mi dai, ma ti amo sopra ogni cosa perché mi hai fatto ritrovare quel cuore di bambino che le tristi vicende della vita mi avevano rubato e poi gettato via, quel cuore bambino che era tutta la ricchezza che avevo. Tu lo hai raccolto con delicatezza, lo hai curato e guarito con la purezza dei tuoi sentimenti, lo hai riempito del tuo amore e me lo hai ridato. Ed è stato così che dal 23 maggio del 1981 quel cuore bambino ha riportato nei miei occhi la riscoperta dell’emozione di una meraviglia sempre nuova, quel cuore che è tornato a farmi sognare e volare, insieme a te!
 
Il tuo Raffaele
 
 
"San Valentino 2017"
Francesca, da trentasei anni assieme e mille motivi per amarti, sempre!
 
Andavi di corsa, stamattina, era tardi e dovevi correre al lavoro… eppure mi hai baciato e poi, sulle scale, ti sei fermata un istante e mi hai sorriso, quel sorriso dolce che ancora riesce a intenerirmi. E dire che sono quasi trentasei anni da quel 23 maggio dell’81 quando ci incontrammo. Il tuo matrimonio da pochi mesi era finito e, guarda caso, anche il mio si era concluso quasi nello stesso periodo. Il caso ci fece incontrare lontani da casa. La magia di quei momenti è ancora viva nei nostri cuori! Ci scambiammo qualche frase di circostanza e poi venne fuori il tuo dolore e la tua determinazione a continuare la tua vita da sola. Io no, ti dissi: io spero ancora di trovare la compagna della mia vita! A pranzo, fra centinaia di convitati, ci ritrovammo seduti uno accanto all’altra e – te lo ricordi ancora – ti mettevo nel piatto le ciliegie più belle. Da allora non ho mai smesso di avere per te gesti di amore e di tenerezza. La nostra vita non è stata facile, specialmente per i primi nove anni. Io a Napoli, tu a Catania. Ci vedevamo per qualche giorno ogni due settimane, eppure abbiamo ricordi bellissimi di quel periodo. Non abbiamo mai smesso di sperare che un giorno saremmo potuti stare sempre assieme, senza prendere treni, affrontare viaggi, spesso disagevoli per gli scioperi, i ritardi, le intemperie, i treni superaffollati.

Sicuramente abbiamo dovuto rinunciare a qualcosa, fare qualche “passo indietro”, dare qualche piccola “aggiustatina” al timone, ma lo abbiamo fatto sempre di comune accordo e nel rispetto dell’altro. Pensando di fare poco per me, qualche volta mi chiedi perché ti amo. Per tante cose: per il tuo modo di essere donna, madre, moglie, compagna. Ti amo per la professionalità, la dedizione e l’amore che ti distinguono negli impegni della vita quotidiana; per come accogli e dialoghi con il ragazzo di colore o la zingarella che ti chiedono qualche spicciolo e come, assieme all’offerta, li stimoli a cercare lavoro per riprendersi la vita nelle mani e ritrovare la loro dignità di esseri umani, perché sai che “la vera carità consiste nel restituire la dignità agli altri e che se non è condivisa, ma calata dall’alto, crea solo dipendenza”. Ti amo perché quando entriamo in una libreria ti senti nell’ambiente tuo più congeniale e quando apri un libro appena acquistato ci tuffi il viso per sentire il profumo delle pagine stampate. Ti amo quando mi fai trovare sul letto i ritagli degli articoli che tu hai letto e che vuoi condividere con me. Ti amo per l’amore che hai per la tua Catania e per il costante impegno che metti nel lottare contro gli incivili e non demordi neppure quando ti rendi conto che battagli contro i mulini a vento. Ti amo per la limpidezza dei tuoi sentimenti, per la lealtà dei tuoi comportamenti, per la tolleranza con cui affronti momenti pesanti. Ti amo per la pazienza che hai (nel tuo DNA di sicuro avrai “mille Giobbe”) e che ti permette di passare sopra a tanti piccoli o grandi contrasti, cercando sempre di vedere le cose con gli occhi dell’altro.

Ti amo perché penso che avevi appena diciotto mesi quando perdesti tua madre e a quanto hai sofferto. Ti amo perché in questi trentasei anni non ho mai sentito da te una sola parola, una soltanto, di astio o di recriminazione nei confronti di chi ti ha fatto del male. Ti amo per il modo ironico che riesci a sfoderare in certi momenti di tensione, facendo così crollare i muri che potrebbero creare disarmonie. Ti amo per il bene che vuoi ai miei fratelli, ai miei due figli e alla loro madre, affetto peraltro da loro ricambiato. Ti amo per l’amore e l’ammirazione che senti per la mia Napoli apprezzando le cose che la rendono unica. Ti amo perché riesci sempre a comprendere le mie “cadute”, sempre pronta ad aiutarmi per farmi rialzare e per farmi migliorare. Ti amo quando uscendo o rientrando a casa ti accarezzi la piantina di garofanini che germogliano in continuazione e mi sorridi quando ti dico che si riproducono numerosi proprio grazie alle tue carezze. Ti amo perché a te come a me piace camminare sempre mano nella mano. Ti amo quando mi dici che la mia mano ti dà le stesse sensazioni che ti dava la mano di tuo padre quando bambina passeggiavi con lui, e senti nella mia la medesima sicurezza che ti dava papà Giuseppe. Ti amo per la gioia infantile che provi a fare con me le piccole cose come sorridere alla luna piena e mangiare i panini preparati da me seduti su una panchina. Ti amo per la dolcezza del bacio che ci scambiamo appena svegli e per la tenerezza della “buonanotte” che ci sussurriamo prima di addormentarci. Ti amo perché al primo bacio del mattino sappiamo chiedere reciprocamente “scusa” se la sera prima c’è stata qualche incomprensione. Ti amo per l’emozione che ancora mi regalano i tuoi sguardi, specialmente quando li accompagni con quel pizzico di “spiritosa malizia”! Ti amo perché hai saputo far nascere nel mio cuore i versi più sinceri e spontanei da dedicare al nostro amore.

Per tutte queste cose ti amo, e per tutte le altre che sento ma che non so esprimere a parole io, vecchio scugnizzo che ha imparato a vivere nei vicoli e nelle strade di Napoli e di Afragola. Ti amo, e non mi stancherò mai di ripeterti che sei il dono più bello che ho avuto dal Signore… e poiché penso che l’amore abbia il potere di generare amore, assieme a te, con tutta la gioia che abbiamo nei nostri cuori, voglio dedicare questa nostra meravigliosa favola, con un mondo di auguri di ogni bene, a tutte le coppie dell’universo.

Raffaele

 
 
 
San Valentino  2016
Lettera d’amore e di gratitudine a mia moglie 
 
Cara Francesca,
un’altra lettera oggi ti scrivo, oggi, a settantacinque anni compiuti, per dirti ancora che ti amo e per dichiararti tutta la mia gratitudine. Sì, ti amo come ho iniziato ad amarti da quella “mattina incantata” del 23 maggio 1981 regalatami, finalmente, da un miracolo che non avevo mai smesso di invocare, che si è realizzato con te e che ci ha stretti l’uno all’altra spalancandoci la grande porta dell’amore. Da allora viviamo una favola che continua a regalarci la tenerezza delle sensazioni di quei primi giorni avvolti da qualcosa di magico difficilmente descrivibile a parole, perlomeno con le parole del mio cuore di vecchio scugnizzo nato e cresciuto nei vicoli e nelle strade di Napoli e di Afragola che sono state la mia vera scuola. Ti amo, Francesca, per le lacrime che mi hai asciugato con i tuoi baci e le tue carezze quella sera del 29 giugno dell’81. Ti amo, Francesca, perché mi hai liberato dall’oscurità che avvolgeva e soffocava i miei pensieri, le mie speranze, i miei sogni. Ti amo perché mi hai aiutato a saper meglio discernere i valori veri della vita dalle false conquiste, il canto dell’usignolo dal gracchiare dei corvi, la comprensione dall’intolleranza, l’eleganza dalla volgarità, l’essenziale dal superfluo, l’umiltà dalla presunzione. Ti amo per la serenità, la sicurezza e il calore che mi regali. Ti amo per gli slanci improvvisi di affetto con cui mi sorprendi quando a volte sono assorto e assente, riaccendendo così quella fiammella che reciprocamente non vogliamo che si affievolisca. Ti amo perché finalmente in te ho trovato la mia casa e la mia famiglia. Ti amo per la dolcezza del nostro tenerci per mano; per la semplicità del nostro vivere quotidiano che ci fa apprezzare e godere le piccole gioie. Ti amo, Francesca, perché ancora oggi, a settantacinque anni suonati, mi fai sentire come lo studentello esultante per la conquista della sua prima fidanzatina e che trova ancora assieme a te l’entusiasmo di cantare, a voce spiegata, il nostro appassionato e gioioso inno all’amore. Ti amo per la generosità che ti porta a considerarmi addirittura un poeta quando sai ascoltare per l’ennesima volta, con interesse, quello che il mio cuore riesce ad esternare e fissare sulla carta. Ti amo perché ti vedo ancora ridere alla vecchia barzelletta raccontata agli amici come se l’ascoltassi per la prima volta. Ti amo perché sai guardare con indulgenza alle mie debolezze portandomi - senza far vedere - a considerarle come gradini per crescere. Ti amo, Francesca, per tutto ciò che mi dai, ma ti amo sopra ogni cosa perché mi hai fatto ritrovare quel mio cuore bambino che le tristi vicende della vita mi avevano rubato e poi gettato via, quel mio cuore bambino che era tutta la ricchezza che avevo. Tu lo hai raccolto con delicatezza, lo hai curato e guarito con la purezza dei tuoi sentimenti, lo hai riempito del tuo amore e me lo hai ridato. Ed è stato così che dal 23 maggio del 1981 quel mio cuore bambino ha riportato nei miei occhi la riscoperta dell’emozione di una meraviglia sempre nuova, quel cuore che è tornato a farmi sognare e volare, assieme a te!
Il tuo Raffaele  
 
 
San Valentino  2015
 
Non sono giovane, né ricco, né potente, né molto istruito, sono solo  un vecchio scugnizzo nato settantacinque anni fa in un vicolo di Napoli, e sono felice! E lo sono dal 23 maggio del 1981, una data magica per me, è stato il giorno in cui ho incontrato la donna che mi ha regalato il Paradiso in terra, che ha cancellato dal mio cuore ogni tristezza e dai miei occhi ogni lacrima: Francesca. E questa felicità la coltiviamo e la onoriamo momento per momento applicando una regola semplicissima: “non diamo mai nulla per scontato perché l’amore è una continua conquista!”
Ci siamo conosciuti il 23 maggio 1981, avevamo entrambi alle spalle un matrimonio fallito. Eravamo entrambi separati dal 1980. Io abitavo a Napoli, in un attico di Posillipo con panorama sull’intero golfo, lei a Catania. Per nove anni abbiamo fatto “i pendolari dell’amore”. Poi, d’accordo con i miei due figli e i tre di Francesca, nel 1990 mi sono trasferito a Catania e il 28 luglio dello stesso anno ci siamo sposati. Abbiamo cominciato a vivere tutti assieme, pensavamo “appassionatamente”. Ma gli spazi limitati e i ragazzi che crescevano non permettevano a tutti noi di poterci muovere secondo le necessità di ciascuno. Poiché riteniamo che il nostro amore sia stato un vero miracolo e il dono più grande che il Signore potesse farci, abbiamo cercato una qualche soluzione per salvare “capra e cavoli”! Siamo quindi arrivati alla conclusione che avremmo dovuto trovare un “buco” che desse a me la possibilità di “pensare alla poesia” (è il mio grande amore, assieme a quello per Francesca) e agli altri di non sacrificare i loro spazi e le loro esigenze a causa di questo “napoletano a Catania”. Ed ecco un altro dono del Signore: trovo una casetta a trecento metri dalla “casa grande” di Francesca. Quando l’ho vista era un tugurio, umida e con poco sole, ma io l’ho guardata con gli occhi del “dopo” e ne ho fatto con poco e con piccoli accorgimenti il più bel nido d’amore per me e Francesca. E’ una casa di due stanze in un cortile del centro storico di Catania. L’umidità è tenuta a bada da un rivestimento di mattoncini di gesso, di sole… ce n’è molto nel colore giallo delle pareti, nel bianco dei mobili e nella luce delle lampade a led. La quotidianità la viviamo così: a pranzo Francesca si divide tra la “casa grande” ed il lavoro (gestisce con le due figlie una boutique al centro di Catania), io sto nel “nido” con i miei libri, la mia Napoli e la poesia. Spesso la raggiungo in negozio, e questo mi serve anche a condividere altri momenti della nostra quotidianità e ad apprezzare il suo modo sempre positivo di affrontare la vita e le difficoltà. La sera ceniamo e dormiamo sempre assieme, a “casa grande” o nel “nido”, e grazie al buon Dio e a questa geniale “penzata” (scritta in napoletano), il nostro amore non conosce né ruggine né muffa, tutt’altro! E sono già trascorsi circa trentacinque anni, io ne ho 75, Francesca 73. Ecco i primi tre versi che ho dedicato  a Francesca - e che scrissi su un tovagliolo di carta la sera del 28 giugno del 1981 (eravamo a cena in un ristorantino di Capo Mulini, un borgo marinaro vicino Catania)  
 
“ CENETTA A CAPOMULINI”
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‘A luna chiena dint’’o cielo blu,
a mare, int’’o silenzio, na lampara,
e tu, goccia d’estate, int’a sti braccia”.
 
Sono trascorsi trentacinque anni, Francesca è sempre la mia “goccia d’estate!”        
 
Poi, qualche tempo dopo, ho scritto   
 
L’ALBERO TUIO  
==============
Cammina
sott’’o sole d’austo,
e curre
ncopp’’arena cucente,
e quanno
nemmeno ‘o mare te darrà frischezza,
e quanno
stanca te sentarraie
e guliosa ‘e cujete,
viene e reposete
sott’a chest’ombra,
io so’ l’albero tuio.
 
           *  *  * 
 
Dall'attico con panorama mozzafiato di Posillipo al bivani piano terra di Catania, ma ho l'amore più grande del mondo!
 
Cara Francesca,
mettiamo avessi casa vista mare
con il Vesuvio, Capri, Ischia e il sole
che il giorno intero tutta l’avvolgesse
della sua luce
ma… non avessi te,
che ne farei
di questo panorama mozzafiato
che non saprebbe darmi solo un attimo
dell’emozione
che mi regala il tuo volermi bene?
Mettiamo che il ricamo della luna
nelle sue notti magiche di piena
mi regalasse trine argento e oro
ma… non avessi te,
cosa me ne farei di un tale dono
che pur così prezioso
è destinato a perdere comunque
ogni valore
se confrontato a tutto ciò che sento
quando accarezzo i tuoi capelli bianchi?
Mettiamo che dal mare mi arrivasse
l’intenso e inconfondibile profumo
che riempie il petto di un fatato aroma
ma… non avessi te,
cosa me ne farei di questo balsamo
che perde ogni suo pregio 
se penso a quanto
m’inebria di passione e desiderio
quella carnalità 
che la tua pelle mi regala, ancora?
Ecco, io questa lettera ti ho scritto 
per dirti che la mia piccola casa
con qualche traccia d’umido,
e poco sole, e senza vista mare,
priva sia dell’argento della luna
sia del profumo
del mare che non vede,
come tu entri, in quel preciso istante,
s’illumina d’amore,
e al suo confronto
nessuna casa al mondo ha eguale luce!
Il tuo Raffaele
 
 

 

Last modified onMartedì, 05 Febbraio 2019 07:53
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