POLITICA E ISTITUZIONI: MANCO IL TEMPO DI AFFEZIONARTI CHE … (L’Unità, 01 marzo 2010)
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Era una mattina d’estate, credo fosse il 1948 o ’49, avevo sette-otto anni. Mio nonno materno, avvocato Paolo Di Bello del Foro di Napoli mi portò con sé a Torre Del Greco, una splendida cittadina alle falde del Vesuvio. Mio nonno possedeva una villetta in campagna, contrada Cavallo, poco distante da una proprietà di Enrico De Nicola. Nonno Paolo era un fraterno amico di De Nicola, primo Presidente della Repubblica. Quella mattina, mio nonno e De Nicola si incontrarono, e mentre parlavano tra di loro, il Presidente mi accarezzò il capo. Ricordo ancora la tenerezza di quel gesto. Chiesi a mio nonno: chi è questo signore? Rispose: è il primo galantuomo d’Italia, è il nostro Presidente… e non approfitta del suo potere. Pensa che paga di tasca propria i francobolli delle lettere che invia a parenti, amici, estimatori. Sono abituato a non generalizzare mai né a fare di tutta l’erba un fascio! Ma basta questo aneddoto per stabilire in quale baratro è oggi precipitata la nostra classe politica, e la cosa peggiore è che sembra non ci sia via di scampo. Le “mele marce”, invece di usare il loro potere per il bene della comunità, lo usano principalmente per il loro tornaconto e per gli interessi di parenti e di amici. Con un’aggravante: lo fanno con sicumera e tracotanza. Ho settanta anni. Sono stanco e deluso. Non ho il tempo di “affezionarmi” ad una “figura istituzionale”, che all’apparenza è tutta protesa a lavorare onestamente e per il bene pubblico, che te la trovi inquisita per corruzione, favoreggiamento e quant’altro di poco chiaro. Mi sento tradito, umiliato, offeso; arrabbiato nei confronti di una classe politica che, quotidianamente, tradisce l’Italia che si affida, che crede, che lavora onestamente, che opera con amore e con dedizione. Come siamo caduti in basso! Io non voglio più vivere dove comanda il “dio-denaro”. Non voglio più vivere in un territorio dove ogni diritto del cittadino diventa una concessione, dove il potere è arrogante e corrotto, dove il mite è calpestato, l’onesto deriso, il galantuomo imbrogliato! Non voglio più vivere – qualsiasi sia il tempo che mi resta – dove regnano incontrastate la volgarità, la scostumatezza, la sguaiataggine, l’ipocrisia, il malaffare! Esisterà in qualche parte del globo, non dico ” l’isola felice”, ma almeno un posticino dove chi ha speso tutta la sua vita versando il suo pur modesto contributo per migliorare la società, possa trovare i valori dell’educazione, dell’onestà, della correttezza. Dove l’onore vale ancora qualcosa, e non viene barattato per una squallida miserabile mazzetta di vile denaro!
Raffaele Pisani
(L’Unità, 01 marzo 2010)